Per camminare vicino a a noi
Presentazione del catalogo della mostra “Carlo De Roberto – Disegni”
Galleria del Barbacan, Treviso 1986
di Marco Goldin*

Ho provato ad immaginare molte volte se i disegni di Carlo De Roberto siano necessitati da un procedere interiore che ha bisogno di estrinsecarsi attraverso il segno, o rimangono soltanto la nota appuntistica di un pomeriggio passato nel bosco o davanti alla modella nello studio. E mi sono sempre dato la stessa risposta, che ora, dinnanzi a questi fogli recenti, diviene conferma certa, anzi certissima. Capita raramente di incontrare in un artista, di qualsiasi livello qualitativo esso possa essere, una coerenza paragonabile a quella di De Roberto, che ha iniziato il suo cammino e ancora lo prosegue con la medesima onestà. Se il disegno è un linguaggio autonomo (e, nonostante tutte le tentazioni contrarie, sono fortemente portato a crederlo), ecco che il linguaggio di Carlo De Roberto è fortemente necessitato, originato da un bisogno, da una pulsione, da una forza che non si può trattenere o comprimere. E poiché il linguaggio è sempre espressione di un mondo, la nostra breve perlustrazione dovrà andare proprio alla ricerca di questo mondo, per scoprirne limiti e confini, o, come ci accadrà di constatare, zone e spazi completamente a cielo aperto, illimitate, dove, però, certo tipo d’orizzonti sono sempre ben visibili. Il bisogno di esprimere qualcosa nasce nel momento in cui questo qualcosa ci colpisce in maniera diversa dal solito, o noi stessi siamo attirati da ciò che mai prima d’ora avevamo notato, o, adesso, conosciamo per la prima volta. Questo meccanismo agisce in diversi modi nei diversi individui, ed ognuno lo esprime e lo rende evidente (quando lo faccia, naturalmente, poiché può comunemente accadere qualcuno non lo manifesti e non si manifesti egli stesso) nella maniera che più gli è consona. Così anche per gli artisti, nelle varie forme che questi hanno scelto, in un tempo più o meno lontano, per esprimersi. La cosa difficile (ma potrebbe anche essere la più facile del mondo) è il far rivivere questo incanto sempre come nuovo, sempre come fossimo toccati, giorno dopo giorno, dalla nostalgia. In poche parole si tratta di essere continuamente in grado di emozionarsi, di provare quel brivido di commozione che ci rende uniti al respiro più vasto del mondo. E’ a questo punto che si perdono di vista i confini e ci si chiede, legittimamente credo, se sia giusto che esistano confini o surrogati di essi. Perché se il confine serve a delimitare il nostro raggio di azione, a delimitare talvolta la nostra emozione (quando questa tenderebbe a schiacciarci), ci impedisce anche di sognare verso il lontano, che è lontano non perché sia o debba essere lontano, ma solo perché nasce in un punto diverso del nostro giorno. E poi che nasca dalla ferialità più misera. Ma è altro da quello che ci era parso di ricordare. E se noi accettassimo di andar dietro a Carlo De Roberto, attraverso i suoi paesaggi, e se guardiamo le sue figure, sempre ci sorprenderà la tentazione di chiedergli come ha fatto. Ma fatto cosa? Certo, a restare così ingenuo e scoperto di fronte alla vita, alla vita che cresce, che è cresciuta, ed ha imposto barriere, difficoltà, dolori, sconquassi, compromessi non pochi. Come fa ancora oggi ad addentrarsi nel fitto del bosco, a partire da casa con i fogli sotto il braccio, a fermarsi sull’ansa del fiume. Troppe cose per essere casuali e non il segno di un’emozione lunga una vita, quella che mi commuove mentre scrivo se penso a questo vecchio che non smette di essere giovane, di essere se stesso sempre e in ogni momento, che accetta il tempo che passa solo perché è passato, e non starebbe mai a guardarsi intorno senza domandarsi se è ancora possibile partire, e partire per chissà dove. Tutto questo entusiasmo che non muore, e anzi cresce sempre più, sentiamo negli ultimi disegni di Carlo De Roberto. Che non sono ultimi, ma quelli che lui ha cominciato a fare e che non ha ancora finiti. Per questo diciamo che sono i più belli che mai ci era accaduto di vedere tra i suoi.

 

*Critico e curatore d’arte, fondatore della casa editrice Linea d’ombra