Presentazione della mostra alla Galleria Ghelfi
Vicenza 1964
di Neri Pozza*

Mi sono domandato più volte, di fronte ai disegni di De Roberto, perché egli non incida; o perché l’abbia fatto in gioventù e abbia poi dismesso questa pratica, che dovrebbe essergli congeniale. Dico congeniale, ma in modo diverso a quello che potrebbe essere dell’altro suo concittadino Barbisan, perché i loro due mondi, nati dall’osservazione della natura, sono tuttavia all’opposto – e mentre l’uno tende agli effetti di luce in un polverio di segni che raggiunge effetti di alta suggestività, l’altro – dDe Roberto – va a ricercare i tratti essenziali del paesaggio in pochi segni allusivi, ma architettonicamente intensi, tali da dare l’idea aperta dello spazio. Il mezzo ch De Roberto usa è  semplice e disadorno: la penna sulla carta bianca, senza ombreggiature e senza velature; anzi alle vedute e alle ombreggiature non indulge mai, quasi gli sembri una contaminatio. Le campiture e i piani sono suggeriti dalla pressione della penna, per cenni secchi e aspri, alleggeriti all’orizzonte, dove il campo lungo gli consente allusività grafiche di grande finezza. E frasche e alberi, prati e cespugli, con qualche palo a riscontro,a indicare il taglio della veduta, finiscono per diventare emblematici del suo mondo. Vi è in questa serie di disegni, un’altra dote che va sottolineata; e cioè la mancanza totale di ogni curiosità o indulgenza descrittiva, di tipo naturalistico. E questa la si riscontra anche dai fogli di nudi, che ripetono lo schema della figura in movimento, con un andamento di sequenza cinematografica. Trovata la silhouette, il gusto della ripetizione abilmente variata diventa un gioco elegante e gustoso, che potrebbe trovare posto anche nel paesaggio, proprio per la finezza stilistica del segno. Va dato atto a De Roberto della coerenza con cui lavora da oltre un ventennio, senza cessioni alle mode correnti; anzi accrescendo in silenzio (e senza tirare gomitate, com’è usanza ai nostri tempi) il suo lavoro personale. Perché ognuno può vedere – da questi disegni – come gli sarebbe facile (accentuando l’allusività del segno, per la strada già battuta da Dufy) arrivare alle solite cabale grafiche che mandano in estasi i provveduti dell’ultima ora.

 

*Editore, scrittore, artista e collezionista d’arte vicentino