Presentazione del catalogo “De Roberto”
Tipografia Graphic 2, Treviso 1983
di Guido Perocco*

Carlo De Roberto è uno dei più interessanti grafici italiani, egli lavora esclusivamente con la penna da quasi cinquant’anni, con rara coerenza estetica. De Roberto non ha dubbi sul suo destino di artista: conosce bene l’itinerario da seguire e lo medita senza interruzioni di pause, con pazienza antica, quieta e sicura. Ha afferrato un poetico filo d’Arianna e lo segue con sicurezza nel labirinto: sa che quella è la via giusta, un filo lungo come quello delle fiabe per giungere al lumicino lontano. Per comprendere bene De Roberto bisogna fare un po’ di strada assieme, conoscere le premesse e le conseguenze, opera per opera, sapere là dove vuole arrivare. L’ambizione non è poca. Egli vuole arrivare con il disegno alla pittura e alla musica: alla pittura mediante l’illusione dei chiari e degli scuri, delle mezze tinte, dalle penombre alla luminosità zenitale attraverso il segno che fa vibrare l’atmosfera e le dona un palpito cromatico; alla musica mediante la line melodica ad arabesco, la cadenza composta di un ritmo puro e ben scandito, una forma di contrappunto a cui a ogni nota si contrappone un’altra nota armonicamente fusa assieme. Osservando bene l’arco dei suoi disegni dal 1937 ad oggi, si scoprono ben chiari i motivi conduttori del suo instancabile operare: studi di figura, studi di pittura e musica attraverso il solo segno grafico. Questo segno tende già negli studi di figura a divenire essenziale mediante una sottile carica emotiva che vibra e si rifà ai valori primari dell’immagine. La realtà suggerita dalle prime opere con una mirabile sequenza di nudi, si anima per una straordinaria potenza di sintesi, ci dà il tracciato poetico della figurazione, il soffio della fantasia dell’artista. Alle volte si tratta di una figura sola, in cui il contorno è suggerito da un attendo studio del modello, alle volte diverse figure si congiungono e si sciolgono nello spazio con armonia compositiva che gradua con sapienza gli scuri e i chiari. Carlo De Roberto volge sempre più con il tempo il suo disegno all’essenziale. Di un bosco, ad esempio, riesce a cogliere una percezione tutta mentale delle luci tra le foglie, i rami e i fusti degli alberi. A volte, con un processo creativo di nitida intelligenza, l’artista ci mostra solo una parte del visibile, un frammento qualsiasi, una leggera oscillazione di ritmi, che trasfigurano una emozione sospesa nell’aria e nelle cose, un momento di incantamento della memoria. Nei paesaggi predomina una nota lirica, tra le tante cose che racconta in fretta, a fiato sospeso, sulla spinta di una allegria nervosa. Si capisce che una parte gli interessa di più e una di meno, una è espressa e un’altra è sottintesa: così una finestra, una parete, il tetto di una casa, un cespuglio fiorito, un profilo di montagne. C’è sempre una ricerca di purezza figurativa, un nitore astrale in questi paesaggi immersi in una luce immota, senza un’ombra, quasi sospesi nella memoria. Ma l’ambizione più alta, come si diceva, va più in là, tende alla pittura e alla musica. Per Carlo De Roberto, che ha il segno grafico naturale come il respiro, questa tendenza si esprime con l’eleganza della linea, una grazia della mente nel condurre la mano sotto l’impulso del cuore all’infuori di ogni rappresentazione reale. La mano diventa allora un sismografo: nulla può sfuggire. E’ un momento di contemplazione pura. Poi, l’artista si immerge nel visibile con la tensione dell’innamorato, che coglie con gioia ogni palpito di vita.

 

*Storico dell’arte veneziano, professore universitario, è stato direttore della Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro